domenica 7 luglio 2013

Personaggi illustri, Emanuele Navarro della Miraglia

Nacque a Sambuca Zabut (od. Sambuca di Sicilia), nell’Agrigentino, il 9 marzo 1838, da Vincenzo e da Vincenza Amodei (uno stato di famiglia autografo del padre è riprodotto in Di Giovanna, 1978, pp. 6 s.). Ebbe un fratello, Calogero, e una sorella, Giuseppina.
Il padre, medico e poeta, originario di Ribera, s’era trasferito a Sambuca nel 1837 a causa della malaria. Il titolo di ‘conte della Miraglia’ sembrerebbe un puro nom de plume, utilizzato per la prima volta da Navarro in una nota editoriale del periodico palermitano Senzanome, nel 1860 (Mugnos, II, 1979, pp. 243 s.).
Tra 1856 e 1858 risiedette stabilmente a Palermo per frequentare la facoltà di giurisprudenza; negli stessi anni collaborò con il periodico sambucese L’Arpetta, fondato dal padre, in cui pubblicò rassegne bibliografiche, traduzioni di autori stranieri e testi poetici in parte confluiti nella raccolta Alcune poesie di Emmanuele Navarro siciliano (Palermo 1856). In redazione conobbe Lionardo Vigo (che aiutò nella compilazione della Raccolta amplissima di canti popolari siciliani, Catania 1857), Giuseppe Macherione e Luigi Capuana, con i quali si legò di profonda amicizia.
Secondo il Dizionario dei siciliani illustri (Palermo 1939, pp. 340 s.), insieme con il padre e altri liberali sambucesi, accolse nel 1860 una colonna di garibaldini, guidati da Vincenzo Giordano Orsini, che puntava su Sambuca dopo essere stata respinta dagli abitanti di Giuliana. La conoscenza di un altro siciliano di Ribera, Francesco Crispi, gli procurò, il 18 ottobre 1860, l’incarico di segretario di prima classe della segreteria di Stato della Sicurezza pubblica e, l’anno successivo, quello di redattore e poi direttore della redazione palermitana del periodico IlPrecursore. Nello stesso periodo progettò una raccolta di scritti politici e una nuova silloge poetica dal titolo Armonie del cuore. Canti, entrambe rimaste inedite.
La diversa linea politica seguita da Crispi dopo l’Unità lo spinse ad abbandonare l’incarico pubblico nel 1861 e ad avvicinarsi al periodico napoletano L’Indipendente, ideato e diretto da Alexandre Dumas padre: tra il 1862 e il 1864 fu corrispondente politico dalla Sicilia, occupandosi in particolare di questioni sociali, brigantaggio, arretratezza economica dell’isola, mancanza di una vera classe dirigente e di una coscienza civile diffusa. Negli stessi anni collaborò anche con il giornale milanese Museodifamiglia e con i periodici palermitani Il Mondo comico, L’Idea e La Scienza e la letteratura.
Dopo un viaggio a Napoli e a Firenze, dove si era trasferito l’amico Capuana, fra marzo e aprile 1864 partì per la Francia, dove rimase quasi ininterrottamente fino al 1872, divenendo uno fra i principali tramiti per la circolazione della letteratura francese in Italia. Collocata fra la guerra franco-prussiana e il «ributtante spettacolo della Comune» (L’Ulano azzurro, in La vita color di rosa, Milano 1876, p. 149), l’esperienza parigina si svolse fra i salotti letterari – in cui conobbe personaggi come Théophile Gautier e George Sand, dalla quale «fu forse anche amato» (Dizionario dei siciliani illustri, cit., p. 341) – gli eventi mondani (di cui fu sollecito e attento cronista per periodici italiani come Corriere di Milano, L’Italia nuova, Rivista minima e il Fanfulla della domenica) e le redazioni di giornali francesi (Le Nain jaune, La Vogue parisienne, e soprattutto La Vie parisienne).
Gli schizzi di vita parigina pubblicati nelle testate francesi e italiane, per lo più sotto lo pseudonimo di Blasco, vennero poi raccolti in Ces messieurs et ces dames (Paris 1874) e in La vita color di rosa: schizzi e scene (Milano 1876), cui si aggiunse, dopo il rientro in Italia, la serie delle Macchiette parigine (ibid. 1881), 20 ritratti di artisti e politici francesi redatti già a partire dal 1870.
Il periodo centrale della sua attività pubblicistica e letteraria si svolse dopo il rientro in Italia, dal 1872 al 1885, dapprima a Milano e quindi a Firenze. La collaborazione con Rivista minima gli permise di entrare in contatto con i circoli milanesi in cui si diffondevano le riflessioni di Felice Cameroni sul naturalismo, e in cui si muovevano letterati e amici come Verga e Capuana, ricordati nel racconto I denti della signora Piccaluga. La sua fama in quegli anni convinse l’editore Ricordi a sceglierlo come autore dei versi di due composizioni musicali di Giuseppe Perrotta, Addio! e Il canto del marinajo, pubblicate a Milano nel 1881. Nello stesso periodo approfondì la conoscenza delle problematiche della scapigliatura, collaborando con la NuovaIllustrazione italiana e curando la rubrica «Note milanesi» per il Fanfulla della domenica.
Pubblicò inoltre racconti e cronache in L’Universo illustrato (1873), CapitanFracassa (1880-81), IlMonitore (1881-82), LaDomenicaletteraria (1882-84) e Cronacabizantina (1881-85): i testi confluirono nelle raccolte Le fisime di Flaviana (Roma 1883), Donnine (Milano 1883) e Storielle siciliane (Catania 1885), volumi spesso accusati di essere eccessivamente ‘piccanti’, poiché «l’interesse dello scrittore è portato sempre alla morale sessuale dei personaggi» (Tedesco, in Storielle siciliane, 1974, p. 14).
Fin dal soggiorno parigino, e ancora negli anni milanesi, perseguì il desiderio di fondare un proprio giornale, sull’esempio di quelli ideati e diretti in Sicilia nel 1860 (L’ItaliaUna, un unico numero il 13 giugno, e Senzanome, tre numeri dall’11 febbraio al 5 marzo), ma il progetto si concretizzò soltanto dopo il trasferimento a Firenze nel novembre 1879. Nelle sue intenzioni LaFronda, che uscì in sette numeri tra gennaio e febbraio 1880, doveva offrire l’opportunità di affrontare «il problema sociale nei punti più trascurati e nondimeno più caratteristici, più attraenti», raccogliendo «il maggior numero possibile di documenti umani» (Programma, in LaFronda, 18 gennaio 1880, p. 1); tuttavia il programma, esemplato sui modelli della stampa e della narrativa naturalistica francesi, rimase soltanto sulla carta, rivelando «ben presto i limiti di una formazione giornalistica italiana di stampo risorgimentale» (Romano, 1998, p. 97).
Nel 1879, ancora impossibilitato a iniziare l’impresa editoriale della Fronda, pubblicò a Milano la sua opera più nota, La Nana, recensita con entusiasmo da Capuana (v. Corriere della sera, 9-10 giugno 1879, pp. 1 s.) e riedita da Leonardo Sciascia per l’editore Cappelli (Bologna 1963).
Il romanzo narra la vicenda di Rosaria Passalacqua, soprannominata La Nana perché nano era il padre, sedotta e poi abbandonata da un «galantuomo», e amata da un «picciotto dritto» pronto ad accoglierla dopo la fine della sfortunata relazione. L’opera uscì lo stesso anno della Giacinta di Capuana, che Navarro della Miraglia commentò con osservazioni di «natura più moralistica che estetica» (Sciascia, 1963, p. 96); se la Sicilia contadina del romanzo si distinse da subito dalla provincia descritta da autori come Mario Pratesi, Domenico Ciampoli, Matilde Serao e Neera (Anna Zuccari), tutti collaboratori della Fronda, ponendosi sulla scia di Capuana e Verga (che nel giornale fiorentino pubblicò a puntate la prima parte di Jeli il pastore il 29 febbraio 1880), la lingua alta e un certo moralismo di fondo evidenziarono la distanza dal nascente verismo siciliano, pur perseguito mediante introspezione psicologica, tentativi di discorso indiretto libero e ricerca di un narratore distaccato e neutrale.
Nel 1870 e nel 1880 si candidò come deputato nel collegio di Sciacca, ma entrambe le volte fu battuto da Saverio Friscia. A partire dal 1885 interruppe l’attività letteraria per dedicarsi unicamente alla traduzione e all’insegnamento. Dopo le prime esperienze con i versi di poeti stranieri pubblicati in L’Arpetta di Sambuca, aveva tradotto, curandone anche la prefazione, la Biografia del despota Ferdinando II di Charles de Mazade (s.l. 1860) e il volume La Sicilia: due viaggi (Milano 1873), con le cronache dei viaggiatori francesi Félix Bourquelot ed Elisée Reclus; in seguito all’esperienza parigina il suo interesse si focalizzò invece sul teatro, anche se l’unica traduzione edita in volume fu quella del Deputato di Bombignac di Alexandre Bisson (Milano 1892).
Trasferitosi a Roma, dal 1883 al 1913 insegnò lingua e letteratura francese presso l’Istituto superiore di magistero femminile, dove successivamente, anche per suo intervento, insegnò letteratura italiana Luigi Capuana. All’Istituto si innamorò di una giovane allieva – Anna Baldasseroni, di 39 anni più giovane – con cui si unì in matrimonio a Roma il 28 febbraio 1897. La coppia non ebbe figli. Nello stesso periodo collaborò con il ministero della Pubblica Istruzione come curatore dei programmi e dei testi scolastici per l’insegnamento del francese.
Morì il 13 novembre 1919 a Sambuca, dove fu sepolto il giorno successivo.

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