martedì 2 luglio 2013

Bizzarria e originalità del "sammucaru"

Questo brano è tratto dal libro “Fra arcobaleno e granito”, edito dalle “Edizioni della Fondazione Vito Fazio Allmayer” e riporta frammenti autobiografici di Epifania Giambalvo.
“Tutte le estati andavo, con i miei familiari, a Sambuca, ove ci fermavamo per circa due mesi. Ho avuto, quindi, la possibilità di conoscere meglio il mio paese d’origine, i suoi abitanti e le loro vicende pubbliche e private.
Vi erano dei personaggi molto strani e originali, per certi versi quasi pirandelliani.
Ve n’era uno che faceva di professione l’invitato: si era procurato un abito blu da cerimonia e, con questo, si presentava a tutte le feste, a tutti i banchetti, dai matrimoni alle cresime, dai battesimi alle prime comunioni, e così mangiava a sbafo tutti i giorni. Ve n’era un altro che diceva di essere fratello della regina d’Inghilterra: di giorno andava a lavorare in campagna, ma la sera si metteva un mantello pieno di medaglie e raccontava come si era generata questa parentela.
Diceva che, quando re Giorgio era venuto in Sicilia, aveva messo gli occhi su sua madre e, rivolgendosi all’interlocutore di turno, gli chiedeva: “Si po’ diri di no a lu re?”; poi scuotendo la testa in senso negativo, aggiungeva: “E accussì nascivu iu!”. Ve n’era un altro ancora che, da sempre, abitava in una striscia di terra, non lontana dal paese, ove coltivava frutta ed ortaggi. Quando, nel territorio sambucese, ha cominciato a formarsi il lago “Arancio”, imperterrito ha continuato a coltivare, pomodori, zucchine, nespole e susine, nonostante il rischio che le acque invadessero il suo podere.
Non vi è stato verso di convincerlo ad abbandonare la sua striscia di terra: hanno tentato inutilmente di farlo il Sindaco e le altre autorità cittadine, compreso l’Arciprete. Ma lui, invertendo i termini dell’espressione verghiana “Roba mia vientene con me!” e trasformandola in “Roba mia, vengo io con te!”, si è lasciato sommergere dalle acque.
Vi erano, poi, altri personaggi di contorno, un po’meno pirandelliani, ma certamente non normali. Vi era, ad esempio, una donna che parlava da sola perché credeva di avere uno “spirito incorporato”, era cioè convinta che un’altra donna, che lei chiamava “l’inquilina”, abitasse nel suo corpo e con questa giornalmente discuteva e spesso litigava perché pretendeva che le pagasse la pigione.
Vi era un uomo di campagna che discettava intorno ai moti della terra e si poneva il seguente problema: se la terra gira su se stessa e, nello stesso tempo, gira intorno al sole, come mai le gebbie non si capovolgono, svuotandosi di tutta l’acqua che contengono? E poneva lo stesso quesito al veterinario e al medico condotto, che non sapevano, o non volevano, rispondergli. Vi era, inoltre, una donna che, non si sa perché, non sopportava che qualcuno le dicesse “Viva l’Italia!”. Quando, rincorrendola per strada, i ragazzini le gridavano “Viva l’Italia!”, lei prontamente rispondeva “Viva la buttana di to ma’!”.
Una volta, incontrandola per caso, ho provato a dirle: “Viva l’Europa!”, ma non ha dato alcun segno d’insofferenza.
Vi era, anche, un brigadiere, venuto da poco a Sambuca, che entrava nei negozi e prendeva a credito tutto ciò che gli occorreva. Quando qualcuno gli chiedeva i soldi, rispondeva: “io non ho pagato mai nessuno” e, se quello insisteva, lo minacciava così: “Se parli ancora, ti porto subito in prigione!”.
Vi erano, poi, le mie zie, cugine di mia madre, che, in gioventù, avevano organizzato tante feste da ballo nella speranza di trovar marito, ma, poi, rimaste zitelle, si tenevano compagnia fra loro. Di mattina sbrigavano, di comune accordo, le faccende domestiche e, nel pomeriggio, si sedevano nel balcone che si apriva sulla strada principale del paese, ove recitavano il rosario e, nel contempo, commentavano quanto si offriva alla loro vista, pressappoco così: “Ave Maria, piena di grazia, il Signore è con te, tu sei la benedetta fra le donne…”. “Talìa cu passa – diceva l’una all’altra –, la figghia di l’Arcipreti!” e proseguiva: “Santa Maria, madre di Dio, prega per noi peccatori…”. “Chiddu appuiato a la cantunera è don Calicchiu chi lassau la mugghieri e si nni fuju cu Santa” – ricominciava la prima – e riprendeva a pregare: “Ave Maria piena di grazia…“ e così via.”
Fonte:http://www.blogsicilia.eu/.

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